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Dott.ssa Emilia Beani

“Vorrei una famiglia normale”: in questo desiderio c’è qualcosa di sbagliato?


Definire "normale" una famiglia è molto difficile e soprattutto rischioso. Molto spesso mi capita di sentire dire “Vorrei tanto una famiglia normale”, ma cosa significa avere una famiglia “normale”? Valutarla tenendo conto dei parametri di un'unica cultura e di un'unica visione può rivelarsi un errore.

La capacità della famiglia di superare i momenti critici e di assolvere ai propri compiti quotidiani è collegata al saper accettare e fronteggiare i mutamenti che nascono dalla sua inevitabile evoluzione e dalla capacità di trovare, nel trascorrere del tempo, nuove forme di adattamento. È evidente come nel corso della loro esistenza le famiglie possano attraversare momenti difficili, che mettono duramente alla prova la loro stabilità e la loro "coesione interna". Poiché la famiglia è composta da singoli individui in relazione tra loro, l'intervento specialistico mirato solamente ad un membro del nucleo familiare, difficilmente potrebbe essere proficuo.

La terapia familiare prevede quindi degli incontri tra uno o più esperti e l'intera famiglia: attraverso una serie di tecniche specifiche, si aiuta l'intero nucleo familiare a rileggere la propria storia evolutiva e ad evidenziarne i nodi problematici, nel tentativo di superarli. È importante tenere sempre presente che: la famiglia è un sistema interattivo; ogni comportamento individuale, e dunque ogni cambiamento, viene letto e interpretato come funzione della relazione tra i componenti del nucleo familiare; il "sintomo" non va visto soltanto come la manifestazione di un disagio individuale, ma va interpretato in quanto espressione di un'organizzazione disfunzionale, ovvero del "sistema famiglia" nella sua totalità e complessità.

L'individuo portatore del sintomo, adulto o bambino che sia, esprime, anche a nome degli altri membri del sistema, le difficoltà legate alla crescita e all'evoluzione sua propria e del sistema stesso in cui vive e si relaziona. Un bambino o un adolescente che presenta sintomi di disagio psicologico o emotivo può essere individuato come una sorta di capro espiatorio, dietro al quale si nascondono tensioni e problematiche familiari del tutto estranee a quel figlio: mi capita spesso di constatare infatti che dietro a soggetti "difficili" si nascondono problematiche legate alla coppia genitoriale.

La terapia familiare risulta essere un valido aiuto per affrontare e risolvere queste difficoltà. L'analisi e la concettualizzazione dei processi familiari dovrebbe dunque procedere partendo dalla comprensione dei meccanismi che regolano la vita della famiglia, piuttosto che da un giudizio di "normalità". E' certamente più proficuo chiedersi in che modo le famiglie affrontino le sfide della vita, o quali siano le variabili del loro funzionamento atte a favorire un maggior adattamento e una più efficace comprensione nell'affrontare eventi imprevisti. Il primo passo per affrontare una situazione problematica o disfunzionale è riconoscerla e condividerla. considerare la famiglia come un'entità in continua ricerca di adattamento per ciò che riguarda sia la propria organizzazione interna, sia la relazione con il mondo esterno.

Dott.ssa Emilia Beani - Mediatrice Familiare

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